giovedì 15 settembre 2011

256 - NON DEVONO FUGGIRE

Quando Gimble riapre gli occhi ha la vista offuscata. E' a terra, scuote la testa per riprendersi. Attorno a lui sente i compagni lamentarsi, mentre cercano di riaversi.
Nella stanza c'è un forte odore di carne bruciata. Con la mente ancora confusa, capisce di trovarsi nella sala del trono del Duca. Ci sono quadri alle pareti che raffigurano situazioni familiari e una misteriosa figura ammantata di nero riversa in un angolo, percorsa da brevi convulsioni elettriche.
Ma soprattutto, a poca distanza da lui, c'è Carnegie. Il Duca, riverso prono, si sta riavendo dalla strana deflagrazione magica che si è verificata quando si sono gettati nel fuoco della lente. Con la mano cerca a tastoni lo scettro rotolato a pochi passi da lui. Lo gnomo non ha esitazioni, scatta in piedi con un movimento brusco che gli provoca una sensazione di svenimento: deve impedire a Carnegie di prenderlo!
Gimble si butta di peso sulla schiena del Duca, bloccandogli le braccia con le gambe e afferrandogli la barba, quindi tira forte verso di sé. Carnegie sbava grugnendo per il dolore e la sorpresa, allungandosi il più possibile per raggiungere la sua arma, ma lo gnomo non molla la presa.
"Svegliatevi maledizione! Qualcuno prenda lo scettro!" urla Gimble, mentre i compagni si guardano attorno ancora confusi.
Juan, il primo a reagire, si tuffa sullo scettro, recuperandolo con una capriola. Il coloviano lo punta contro Carnegie: "Come diavolo funziona? Isabel! Isabel!"
Juan lancia lo scettro alla sacerdotessa, che tuttavia non sa a sua volta come attivarne i poteri.
"La smettete di giocare come degli idioti!" urla nervosamente Gimble. All'improvviso il Duca muove bruscamente il braccio provando ad afferrare un coltello nascosto legato cintola. Lo gnomo se ne avvede e reagisce prontamente, precedendo il suo avversario e scagliando d'istinto il pugnale lontano.
Il Duca approfitta comunque della distrazione dello gnomo, e nell'istante in cui la sua presa sotto il mento si fa più debole urla, chiamando le guardie con tuto il fiato che ha in corpo.
Hearst, che nel frattempo si è rialzato, incita Rune, Gilead e Grolac a dargli man forte per affrontare gli armigeri in arrivo, ma quando cerca la sua ascia non può far a meno di farsi sfuggire una sonora imprecazione. L'arma, come anche il resto degli oggetti trovati nel mondo dei dipinti illusori, è svanita nel nulla.
In pochi istanti una delle porte che danno sulla sala, a pochi passi dal corpo esanime percorso dall'elettricità, si spalanca, facendo entrare mezza dozzina di guardie armate fino ai denti. Il primo della fila, un soldato dal naso a patata schiacciato sotto l'elmo, punta la spada in direzione degli avventurieri ordinando di uccidere gli intrusi.
"Gimble! Lascialo perdere! Scappiamo! Di qua!" esclama Gilead, affrettandosi ad aprire l'altra grande porta a due ante che dà sulla stanza.
Lo gnomo non se lo fa ripetere due volte, e dopo aver mollato uno sganassone sulla nobile testa di Carnegie se la dà a gambe levate.
Il Duca si rialza fuori di sé, isterico, appena in tempo per veder sparire i fuggiaschi con il suo scettro oltre una svolta del corridoio fuori dalla sala.
"Non state lì impalati! Date l'allarme! Prendeteli! Prendeteli! Hanno il mio scettro! NON DEVONO FUGGIRE!"

domenica 11 settembre 2011

255 - QUINTO INTERLUDIO

Il dolore la paralizza, l'elettricità percorre il suo corpo dilatando il tempo.
Il suo atto di ribellione al Duca le sta costando caro. No. Forse costerà molto più caro al suo carceriere.
Il suo sguardo corre sulle tele, sui quadri appesi alla parete che raffigurano le illusioni in cui Carnegie teneva imprigionati coloro che attivavano il Cubo. Sono la sua arte, creazioni di cui lei è stata l'artefice, schiava e carnefice allo stesso tempo. La sala dei banchetti, quella dei gargoyle, il pozzo degli uncini, la notte del faro. Illusioni da lei dipinte su ordine del mostro che la sta uccidendo, nate per il suo divertimento. Immagini estratte tessendo i colori dei cristalli, dei semplici quadri per l'osservatore, dei veri e propri mondi per chi ne era imprigionato. Ogni quadro era un'invalicabile finestra tra le due realtà, usata dal Duca per osservare le sue vittime, per godere delle loro sofferenza, per piegarne gli animi con le sue meschine apparizioni.
Curvare le due realtà, intersecarle anche per un solo istante era l'unico modo per aprire un varco, una via di fuga. Ecco perché aveva creato la lente. Carnegie non sospettava l'utilizzo che ne poteva essere fatto, per sovrapporre la realtà e l'illusione.
La pelle brucia, l'elettricità la sta divorando. Lei, la Pittrice dei Cristalli, sta morendo, imprigionata nel cerchio magico che la vincola da troppo tempo al servizio del Duca.
Lo odia, l'ha sempre odiato. Ma non lo ammira più, ha visto il suo terrore. Sa di aver agito nel giusto aiutando i prigionieri, aiutandoli a ritrovare la libertà.
In un certo senso, anche lei ora è libera.

giovedì 8 settembre 2011

254 - RIFLESSI DI ILLUSIONE E REALTA'

I nostri eroi si scambiano sguardi avviliti, lasciandosi cadere esausti sul pavimento, le spalle appoggiate al parapetto. L'incessante farfugliare di sotto segna l'inarrestabile avanzata dei gibberling, che nella loro scalata rendono la parete del faro una massa scura informe, come un'escrecenza carnosa che ributta dalla pietra.
Il silenzio, gli occhi bassi: parole inespresse di un pensiero comune, della consapevolezza che non c'è più nulla da fare. E la scelta offerta dal Duca, se morire dilaniati dagli artigli delle bestie o nell'abbraccio delle acque scure del mare, scegliendo il proprio destino anche alla fine.
Il pensiero percorre tutti. C'è dignità nello scegliere la morte? Ma che dignità è quella di un suicidio? Perché... perché è così difficile morire, lasciarsi andare, anche quando ormai tutto è segnato?
L'olio va lentamente esaurendosi e dalla botola provengono rumori sempre più vicini e preoccupanti, mentre gli avventurieri attendono silenziosi, accucciati, incapaci di trovare una soluzione. Sebbene tutti siano scossi dal desiderio di farla finita nessuno parla, forse per orgoglio, forse per paura. Solo Grolac accenna a un lamento, ma lo sguardo truce di Gimble è un avvertimento: il suicidio non è il solo modo per finire in mare.
"Non è possibile..." Juan rigira distrattamente la pergamena con il messaggio tra le mani, quel piccolo frammento il cui contenuto sembrava dar loro una speranza, un aiuto, una via di fuga.
La realtà è il riflesso dell'illusione.
Juan alza gli occhi, incrociando lo sguardo di Gimble, la lente, il quadro del Duca. E se...
Lo gnomo corre a sedere vicino al coloviano, in fibrillazione, come se lo stesso pensiero li avesse folgorati allo stesso istante.
Gli bisbiglia nell'orecchio eccitato, attirando l'attenzione dei compagni.
Juan non capisce esattamente cosa intenda lo gnomo, ma probabilmente è ciò che immagina anche lui. Il quadro è la porta, la lente la loro chiave.
Il passaparola è rapido e in un batter d'occhio Hearst si fionda sulla grossa lente del faro. Resistendo al calore che gli scotta le mani, la divelge e la rimuove dai perni su cui è montata.
Il quadro di Carnegie si anima, il Duca li osserva con sguardo interrogativo.
Gli artigli grattano frenetici sulla botola.
Con l'aiuto dei compagni e grugnendo per lo sforzo, il guerriero posiziona la lente di fronte al quadro.
Accade tutto in pochi attimi.
Nel punto focale della superficie concava, il quadro si riflette prendendo profondità, come un ologramma sbiadito. Il volto del Duca passa dalla sorpresa, all'orrore, alla rabbia, si volta di scatto verso la figura fuori campo alle sue spalle.
Urla parole di fuoco coperte dagli strilli animaleschi della notte del faro, dal graffiare sul legno della botola: "Cancellalo! Distruggilo! Distruggilo immediatamente!!!"
Ma il suo comando rimane inascoltato mentre gli avventurieri scattano verso la proiezione, quel riflesso d'illusione che li condurrà alla realtà.
Il Duca impreca, punta il suo scettro verso la figura dietro di lui facendone scaturire un fulmine che elettrizza l'aria riempiendola del caratteristico odore agliaceo dell'ozono. Ma è troppo tardi.
Un bagliore fortissimo. Lo spazio si comprime, si dilata, tuona, esplode, spacca i timpani. Cadere, volare, sbattere.

domenica 4 settembre 2011

253 - LA FORZA DI MOLTI

Gli avventurieri si affrettano lungo le passerelle. Juan precede tutti, seguito da Rune, e via via tutti gli altri, con Gilead e Isabel che cercano di aiutare alla meglio i compagni più lenti, Gimble e Grolac.
L'uscio del faro scricchiola pericolosamente sotto il continuo picchiare e graffiare di decine di artigli. Tutti sanno che non resisterà, non a lungo.
Lo schianto metallico del chiavistello che cede, tuttavia, giunge prima di quanto si aspettassero, seguito dallo strisciare del tavolo sul pavimento, spostato dalla spinta dei gibberling. Gimble si ferma per un istante, fissando inorridito la massa di creature che si riversa nell'atrio della torre come in preda a una frenesia inarrestabile. I primi ad entrare vengono calpestati, schiacciati dalla calca.
Lo gnomo sa di doverli rallentare, di dover guadagnare quel poco di tempo per raggiungere la botola e sigillarsi sulla sommità del faro. Facendo ricorso alle sue capacità magiche, Gimble evoca un grosso ragno, che compare dal nulla con il solito sbuffo di vapori verdi.
Isabel richiama Gimble, sale le scale, continua la sua corsa, mentre l'aracnide sputa ragnatele vischiose lungo le passerelle. Diverse creature vi rimangono intrappolate, rallentando l'avanzata di colore che le seguono, ostruendo i passaggi verso le scale che conducono ai livelli successivi.
Gilead approfitta ulteriormente della situazione, scagliando la torcia accesa sui gibberling invischiati, trasformando il tutto in una trappola di fuoco in cui parecchi mostriciattoli vengono arsi vivi. Le fiamme si spengono soffocate dalla calca stessa, vanificando la speranza dell'elfo che attecchissero sul legno delle passerelle.
"Non perdete tempo! Salite!" urla Juan, che già sulla sommità incita i compagni sporgendo la testa dalla botola aperta.
E' una corsa contro il tempo, ma gli ostacoli piazzati da Gimble hanno garantito un buon vantaggio. Quando anche lo gnomo sta per raggiungere la botola, i gibberling sono all'incirca a tre quarti della risalita.
Hearst studia in silenzio la situazione, poi improvvisamente sorprende tutti riscendendo sull'ultima passerella, in direzione opposta a quella di Gimble.
"Che diavolo fai? Dobbiamo chiudere!" grida lo gnomo incredulo.
"Sali, ci penso io a fermarli" ribatte deciso il guerriero.
Hearst, raggiunti i pali portanti delle passerelle, delle scale, assesta con l'ascia dei poderosi colpi che ne spezzano le corde e ne indeboliscono la struttura. Il guerriero temporeggia il più possibile prima di raggiungere i compagni al sicuro.
Al passaggio dei gibberling, sotto il peso della moltitudine inferocita, le strutture sabotate cedono con uno schianto, trascinandosi dietro quasi tutta l'impalcatura di legno delle passerelle sottostanti. Schegge e polvere si levano dappertutto, in un frastuono di legno che si spezza e urla animalesche disperate.
Quando la polvere sta per raggiungere la sommità del faro, Hearst chiude la botola.

I nostri eroi riprendono fiato appoggiati al parapetto sulla cima. Al centro del piccolo spazio c'è un ampio braciere ricolmo d'olio, dal quale si sprigiona la fiamma che illumina la notte di questo posto dimenticato da Dio, e al suo fianco una grossa lente regolabile per mezzo di un argano. Quattro grandi arcate si intervallano lungo la circonferenza del faro, e su una delle pareti che le separano, il consueto quadro del Duca fa capolino. Sul suo volto è dipinta un'espressione beffarda mentre si anima, ma ancora una volta gli avventurieri hanno la sensazione di qualcosa di appena percepibile nella profondità di campo del quadro, alle spalle del loro aguzzino.
"Questa volta non avete scampo!" declama il Duca, la cui voce freme dall'emozione di una vittoria che sente certa.
"Ah sì? Questo è quello che credi, bastardo!" risponde rabbioso Juan. Aiutato da Rune e Hearst il coloviano regola la lente verso il basso, in modo che il fascio di luce colpisca nella pianura sottostante. Laddove la luce viene proiettata, i gibberling fuggono impazziti.
"Ahahahah!!! E' tutto ciò che avete pensato per contrastarmi?" Carnegie ride di gusto, interrompendosi bruscamente e riprendendo la sua espressione crudele. "L'olio del faro non durerà per sempre, a differenza della notte che vi attende. E se anche fosse, non sarebbe comunque sufficiente."
Gli occhi del Duca diventano due fessure sottili: "Osservate bene ciò che c'è sotto di voi..."
Isabel si sporge dal parapetto, seguita dai compagni. Una fiumana di mostriciattoli si accalca per entrare nel faro, altri si aggrappano alle pareti nel tentativo di scalare, usati a loro volta come supporto per la risalita di altri gibberling.
Rune getta un'occhiata anche dalla botola. Lo spettacolo è il medesimo: senza scale, i mostri usano i loro stessi compagni come appigli per arrampicarsi, guadagnando pochi piedi alla volta, ma rendendo la risalita inarrestabile.
"Siete finiti! E' solo questione di tempo!" esulta Carnegie, leggendo il pallore sul volto di Rune. "Avete ancora una possibilità per accorciare la vostra sofferenza, solo una. Accettate la resa, toglietevi voi stessi la vita. Gettatevi di sotto, nel mare, sugli scogli appuntiti! Lasciate che le rocce spezzino le vostre ossa e lacerino le vostre carni! Lasciate che le onde lavino il vostro sangue! Lasciate che il mare sia la tomba dei vostri corpi..."